Carbone e Guerra Fredda

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L’emigrazione italiana verso il Belgio ha raggiunto la massima intensità nel secondo dopoguerra, tra il 1946 e il 1957, in una fase della storia nazionale contrassegnata dalla cosiddetta emigrazione assistita – “consistente in una disciplina concordata dei flussi emigratori, predeterminati in qualità e quantità e attuati con il concorso tecnico, organizzativo e finanziario dei paesi interessati” – di cui costituisce probabilmente il caso più paradigmatico. Il 23 giugno 1946, con la stipula a Roma di un Protocollo d’intesa, Italia e Belgio crearono infatti le condizioni per la partenza, negli anni a seguire, di un flusso di manodopera italiana alla volta delle miniere di carbone belghe. Nello specifico, l’accordo stabiliva che il Belgio avrebbe accolto 2.000 lavoratori italiani alla settimana, prevedendo un tetto massimo di 50.000 persone. Ogni 1.000 immigrati, il Pays Noir
avrebbe dovuto vendere all’Italia tra le 2.500 e le 5.000 tonnellate di carbone, a seconda del proprio tasso di produttività (condizione dalla quale derivò l’espressione polemica ‘ci hanno venduti per un sacco di carbone’, diffusa tra i minatori italiani in Belgio).

Tipologia

Cartaceo, PDF

Autore

Giada Baldi

Data di pubblicazione

Dicembre 2021

Editore

NDF

ISBN

978-88-99487-91-1, 978-88-99487-92-8

Pagine

302