Fragilità ferite

Tra le arti visive la fotografia è quella che oggi evolve più rapidamente. Ciò dipende del fatto che essa è strettamente connessa con l’uso delle tecnologie miniaturizzate che permettono di fotografare con oggetti d’uso comune come, ad esempio, gli smartphone. L’avanzamento tecnologico della fotografia, quindi, muta e si evolve continuamente anche nel suo ruolo sociale.
Dalle sue origini la fotografia ha avuto funzioni multiple che hanno spaziato dalla rappresentazione estetica di persone e paesaggi intorno a noi a quella funzionale di archivio e documentazione di fatti, accadimenti, opere. La sua utilità, legata alla rapida e infinita riproducibilità, l’ha resa strumento di conoscenza collettiva, si pensi ai magazine, alle enciclopedie e agli atlanti, evolvendo ulteriormente come strumento di indagine e conoscenza della contemporaneità.
L’uso massivo delle nuove tecnologie impone nuovi modelli strutturali a cui la società stenta ad adeguarsi. Questa inadeguatezza delle possibilità di apprendimento contribuisce a creare fragilità che espongono ferite sociali nuove o ne approfondiscono altre già esistenti. L’indagine fotografica del progetto della Scuola stabile di fotografia, accolto dall’Università di Palermo, diviene allora uno strumento utile alla comprensione di questo mosaico sociale che muta in maniera pandemica le abitudini sociali e antropologiche dell’Uomo. La stessa struttura dei linguaggi fonetici si evolve verso nuove forme sintetiche e sinestetiche di linguaggio popolare integrato tra suono e immagine.
La fotografia, oltre i già noti aspetti artistici, rappresenta uno strumento di studio adatto a renderci consapevoli delle nostre fragilità nella velocità dei mutamenti sociali poiché ogni problema, ogni ferita, può essere risolta se conosciuta, catalogata e studiata con mezzi adeguati e affrontata con consapevole ed efficace rigore accademico, scientifico, politico.