Lo spazio dei libri

Costruzione del sé, rappresentazione immaginaria, forma architettonica, incontro con l’altro

Il volume Lo spazio dei libri. Costruzione del sé, rappresentazione immaginaria, forma architettonica, incontro con l’altro, con la cura di Elisabetta Di Stefano, è il quinto della collana GenerAzioni. Letterature e altri saperi diretta da Ambra Carta e Rosa Rita Marchese, edita dalla Palermo University Press.

Scrive Elisabetta Di Stefano nella … che “l’aurorale concezione di questo progetto nasce in biblioteca e ha origine dalle iniziative incentrate sulla lettura dei testi che l’Ateneo di Palermo, grazie alla collaborazione tra docenti e bibliotecari, ha portato avanti sia come attività interne sia come “terza missione”, aprendo al territorio e alle scuole le varie biblioteche dipartimentali.”

Il tema dell’identità e lo spazio dei libri

Nel 2018 nel contesto del Dipartimento di Scienze umanistiche (FFR 2018 – Identità degli spazi e forme della rappresentazione, coordinato dalla Di Stefano) si è “pensato di focalizzare il tema dell’identità, già individuato come ambito di ricerca dipartimentale, in relazione ai libri, alle biblioteche e all’atto della lettura” da cui discende il tema appunto de “Lo spazio dei libri, volto a tenere conto di tutte le sfumature semantiche che questo nesso implica”.

Il tema è stato poi il fil rouge del convegno internazionale (Palermo, 12-13 dicembre 2019, Biblioteca universitaria nell’ex Convento di Sant’Antonino), consentendo il confronto anche con specialisti di altri settori scientifici (provenienti da atenei italiani ed esteri), e con i bibliotecari “che potevano offrire il punto di vista di chi lavora con i libri nella prospettiva del servizio agli utenti”.

Alcune delle ricerche formano il volume, il cui intento è offrire “rispetto all’indagine iniziale e allo stesso convegno, un diverso e più variegato spettro di prospettive e competenze, presentando alla comunità scientifica un prodotto insolito e originale per la pluralità dei temi affrontati e per la sua connotazione multidisciplinare”.

Il volume è diviso in tre sezioni. La prima raccoglie i contributi afferenti il tema de LA BIBLIOTECA COME SPAZIO DELLA MEMORIA E DEL DIALOGO CON GLI AUTORI.

Le prime biblioteche a Roma

Rita Marchese (che insegna lingua e letteratura latina) analizza nel suo scritto Il ritratto più importante. Libri, biblioteche, lettori nella poesia dall’esilio di Ovidio la formazione delle prime biblioteche a Roma “già presenti nel tessuto sociale come espressione dell’importanza crescente della circolazione delle idee … nascono in questo periodo le prime biblioteche pubbliche. L’elegia di Ovidio ha il pregio di mettere sotto la lente questi fenomeni, e di farli interagire con un elemento che crea una tensione interessante nel rapporto con tutti gli altri: il ritratto dell’autore”.

Il ritratto diviene un “argine memoriale che le imagines oppongono all’azione distruttiva del tempo, supporto alla circolazione stessa delle opere ospitate nelle biblioteche stesse”. E di questo dovere mnemonico la biblioteca è testimonianza non essendo “ancora un luogo per la lettura e lo studio, ma … il posto per la memoria, uno dei luoghi civici in cui edificare impalcature per la costruzione di riferimenti comunitari”.

Petrarca davanti alla libreria

Andrea Torre (ricercatore universitario in Letteratura italiana presso la Scuola Normale Superiore di Pisa) ci conduce con Petrarca davanti alla libreria, tra gli Antichi e sé stesso (su Familiares XXI, 10.). Ci immedesimiamo quindi in Petrarca che “estrae dagli scrigni e srotola uno dopo l’altro gli infiniti manoscritti delle sue esperienze di scrittura e di lettura” da cui “riappare alla coscienza la dolce memoria della gioventù e si rende percepibile, nello spontaneo confronto, l’inevitabile distanza dal presente”. E’ evidente che “l’immagine della cassa di libri non rappresenta … soltanto un’efficace visualizzazione metaforica della componente inventariale e tesaurizzante della facoltà memoriale ma suggerisce anche la dimensione euristica del processo rammemorativi” e “riportare alla luce i libri impolverati negli scrigni può dunque essere associato al ritornare con la mente, dopo lungo tempo, a immagini, parole e sensazioni che erano venuti meno alla coscienza”.

La biblioteca come rappresentazione di un mobile teatro

Immagini, parole e sensazioni sono anche le “sensazioni” che induce lo scritto Dimorare con le voci degli antichi. La biblioteca nel Malpiglio secondo di Torquato Tasso di Ambra Carta (Ricercatrice in Letteratura italiana).

Qui la biblioteca “è la splendida rappresentazione di un vario e mobile teatro, risonante di una molteplicità di voci e di opinioni, spazio ancora separato dagli altri ambienti della casa ma non più luogo dove il nuovo intellettuale cortigiano può isolarsi dal variegato mondo della corte e della città”.

Non più quindi lo “studio” chiuso, ma “un luogo che … non si configura più come spazio alternativo alla infernale città, come patria dove il sapiente trova modo di rifugiarsi nel tempio della propria interiorità”. Nelle nuove culture della fine del XVI secolo “lo spazio del sapere non si connota più come luogo alternativo alla corte ma come suo complemento, dove il cortigiano impara l’equilibrio instabile, mobile e vario della pluralità delle opiniones”.

Ricostruire la biblioteca di uno scrittore

Simona Inserra (Ricercatrice in Archivistica, Bibliografia e Biblioteconomia nell’Università di Catania) ci aiuta nel difficile tema del Ricostruire la biblioteca di uno scrittore: strategie, metodi, questioni aperte. E’ evidente che “una biblioteca d’autore non può essere intesa come mera sedimentazione di libri e di documenti … è necessario cercare di ricostruire in essa il progetto, ideato e attuato, della persona che l’ha creata e arricchita”. E per questo “Lo studio della raccolta andrà accompagnato dallo studio accurato del personaggio che l’ha costruita, dalla lettura attenta dei suoi scritti, dall’analisi dei segni presenti in biblioteca tra le carte, dal censimento e dallo studio delle tracce …, delle firme e delle dediche, cercando conferma negli interventi e nelle testimonianze dello scrittore stesso”. Una attenzione ancor maggior andrà dedicata ai carteggi “che rappresentano una fonte assai ricca per ricostruire le relazioni intessute con conoscenti, amici, sodali, corrispondenti vari: scrivere lettere ha costituito la modalità comunicativa prediletta degli intellettuali a cavallo tra Otto e Novecento”.

Senza dimenticare che “non ci sono documenti inutili all’interno delle raccolte degli scrittori … non bisognerà procedere allo scarto né di libri doppioni né di copertine e fascette editoriali, né di pubblicità editoriale, né di carte anche se non scritte … ogni carta al momento insignificante e ogni elemento tangibile (un segno a lapis, una annotazione a margine di un testo, un danno sulla coperta …) può rappresentare una traccia per avviare una ricerca, e per contestualizzare un elemento dall’interpretazione e collocazione incerta nell’ambito degli studi”.

Stereotipie delle bibliotecarie nell’immaginario

La seconda sezione del volume è dedicata a LA BIBLIOTECA TRA FINZIONE NARRATIVA E REALTÀ.

E il primo saggio, Dallo chignon ai capelli sciolti. Stereotipie delle bibliotecarie tra primo e secondo Novecento, di Gennaro Schembri (Ricercatore di Cinema, Fotografia e Televisione) ci ricorda che “sovente i bibliotecari sono rappresentati attraverso un’immagine negativa stereotipata che fa leva sull’aspetto fisico, sulle mansioni che svolgono e sul carattere: capelli raccolti in uno chignon se si tratta di una donna, antipatici e spesso scortesi con gli avventori, solitari, timidi e incapaci di relazionarsi con la società”.

In particolare, i tanti esempi letterari e cinematografici caratterizzano ogni “aspetto e comportamento della bibliotecaria (età indeterminata, occhiali, camicia a maniche lunghe abbottonata al collo, timorosa o austera, che ama il silenzio e soffre le persone) … oggetto di argomento di ricerca e discussione nel campo della scienza delle biblioteche.”

Tra letteratura e cinema

Anche il testo di Salvatore Tedesco (che insegna Estetica ed è Coordinatore del corso di studi Dams) “Tutta la memoria del mondo”. A. Resnais, W.G. Sebald, T. Browne e il generale Stumm von Bordwehr, ci accompagna tra letteratura e cinema.

Due citazioni. La prima da Robert Musil «Signor generale, lei vuol sapere come faccio a conoscere questi libri uno per uno? Ebbene, glielo posso dire: perché non li ho mai letti! Ti dico io, per poco non m’ha preso un colpo! Ma lui, vedendo il mio sbigottimento, s’è spiegato meglio. Il segreto di tutti i bravi bibliotecari è di non leggere mai, dei libri a loro affidati, se non il titolo e l’indice». Una ragionata negazione di ogni “empatia” tra bibliotecario e libro: non preferirne nessuno, il che deriverebbe dalla lettura, per preferirli tutti.

La seconda, attualissima oggi ancor più che 1956, quando Alain Resnais ci presenta con Toute la memoire du monde lo spazio della Biblioteca Nazionale di Francia uno sguardo filmico che è “spazio concentrazionario della memoria: vediamo anzitutto gli strumenti della registrazione, macchina da presa e microfono, e quindi ascoltiamo le parole “poiché la loro memoria è corta, gli uomini accumulano innumerevoli promemoria”. E oggi, a più di sessant’anni dal film, “accumulare memoria” è quanto accade nel mondo in rete.

Tra immaginazione e realtà

Chiude la sezione il saggio della curatrice del volume Elisabetta Di Stefano, Professore associato di Estetica, intitolato Libri, spazi, atmosfere tra immaginazione e realtà.

La Di Stefano definisce la biblioteca come uno “spazio del ristoro spirituale che fa da contraltare alla routine e alle necessità della vita quotidiana. L’ordine e il silenzio si contrappongono al caos e ai ritmi frenetici del mondo esterno … ma ordine e silenzio possono talvolta divenire opprimenti ed estranianti. Ogni biblioteca, sia essa un edificio reale o una rappresentazione immaginaria, possiede una peculiare “atmosfera”, capace di suscitare ammirazione, disagio, inquietudine, curiosità, benessere sociale e culturale.

E il compito di “definire” fisicamente queste sensazioni è affidato alle “forme architettoniche e del design” che sono “dei generatori, debbono cioè irradiare qualche cosa e contribuire alla produzione di atmosfere” . Per questo motivo, per progettare “bisogna tenere in considerazione, oltre agli aspetti funzionali ed estetici, anche quelli affettivi, comunicativi e simbolici, cioè quelli che connotano la relazione interpersonale, “mettendo in scena” idonee qualità espressive”.

La conoscenza come strumento di distinzione

La terza sezione dà “fisicità” alle ricerche: LA BIBLIOTECA DA INTERNO DOMESTICO A SPAZIO INTEGRATO ALLA CITTÀ.

Il primo saggio, La conoscenza come strumento di distinzione. La Libraria del Protonotaro del Regno, è di Valeria Viola (Architetto specializzato in restauro, con dottorato presso il Dipartimento di Storia dell’Arte dell’Università di York con una tesi sulle interconnessioni tra architettura, devozione e vita familiare nella Palermo Barocca), e si occupa del ben noto Palazzo Valdina, la cui “sistemazione nella parte alta del centralissimo Cassaro doveva rimarcare la posizione sociale raggiunta dalla famiglia con l’acquisto dell’ufficio di Protonotaro. Nel 1701, quando Giuseppe Papè ereditò il ruolo e la casa di suo padre, il palazzo era già provvisto di un’ampia residenza dotata di grandi anticamere … sulla via del Protonotaro”. Nella distribuzione degli ambienti “La biblioteca era più distante dalla strada e dai suoi rumori e più vicina alla camera del principe. Il suo spazio ricorda le parole del coevo trattatista siciliano Giovanni Biagio Amico, quando suggeriva di porre la biblioteca “lontano da tutti i rumori, che disturbar possano la quiete necessaria purtroppo per lo studio”.

E avere nel proprio palazzo una biblioteca “segnava l’appartenenza del Protonotaro all’apparato burocratico che reggeva la città e, quindi, ne facilitava l’inclusione nel gruppo dirigente.”

Gli spazi delle biblioteche

Domenico Ciccarello (bibliotecario presso l’Università di Palermo, collabora a Progetti di ricerca e svolge attività didattica nelle discipline del libro) ci descrive, rapidissimamente, l’evoluzione delle biblioteche Tra bisogni individuali e fruizione collettiva. Spazi delle biblioteche e pratiche di lettura in una prospettiva diacronica.

Partendo da Cesena, dove la Biblioteca Malatestiana “è forse un unicum con riguardo allo stato di perfetta conservazione della sala grande di una biblioteca umanistico-rinascimentale, con i libri disposti ancora come nel contesto originario … una pianta longitudinale, l’aula ha finestre su entrambi i lati, lungo i quali sono disposti i banchi di lettura, sormontati da un piano inclinato per poggiarvi i libri incatenati”.

Nei secoli successivi saranno “i processi industriali di produzione del libro” che consentiranno “condizioni economiche di disponibilità dei contenuti per una platea di destinatari molto più ampia”, da cui derivarono “nuove soluzioni nella pianificazione degli ambienti bibliotecari … codificando per la prima volta una separazione tra sala lettura e depositi/magazzini … esaltando la funzione del reference in biblioteca, come nella celebre reading room circolare del Museo britannico in cui il bancone di servizio dei bibliotecari … è collocato strategicamente nel perno centrale verso cui convergono le postazioni di lettura e anche gli arredi”.

Dal XVIII secolo quindi si verranno a “determinare le condizioni socioeconomiche più adatte alla nascita e allo sviluppo delle public libraries come istituzione democratica al servizio dell’intera comunità”.

Le corrispondenze tra libri e città

L’amplissimo argomento de I libri, la biblioteca, la città è trattato da Antonino Margagliotta (Professore di Composizione architettonica e urbana del Dipartimento di Ingegneria, Coordinatore del CdS in Ingegneria edile-Architettura).

In primis “Molti … sono i modi per declinare il tema dei libri e della città … le corrispondenze tra libri e città, … libri e spazi intesi come mediazione o di interazione con la città … le biblioteche danno presenza ai libri e … rappresentano lo “spazio dei libri”. Il ruolo che compete alle biblioteche nella città e nella società è “interpretarne sensi e valori” a cui l’architettura “corrisponde” attraverso il progetto nella duplice visione di urbs e di civitas, cioè di spazio fisico e di comunità.

E a Palermo questa corrispondenza biblioteca-città si esplica nel “Cassaro Alto … che ha dato continuità alla formazione, alla promozione e alla conservazione della cultura … la persistenza della biblioteca ha garantito non solo la durata dell’edificio ma anche dell’istituzione, l’architettura ha contribuito a manifestare la riconoscibilità del luogo …. lì «La Biblioteca esiste ab aeterno» (Borges).”

Nelle città contemporanee “Le biblioteche contribuiscono a definire forma e carattere dello spazio urbano e … sono necessarie a formare le coscienze e a costruire l’idea di cittadinanza. La biblioteca è luogo di partecipazione alla vita dell’organismo urbano … a cui appartiene … rappresenta … i valori umani fondamentali della libertà dei cittadini … come nelle due parole latine liber/libro e liber/libero”. E quindi come “summa” di queste motivazioni e fini “Le biblioteche … devono rispondere agli ideali di democrazia oltre che ai bisogni della città e della comunità”.

Dal libro alla città

Luigi Failla (architetto, ingegnere e dottore di ricerca in Architettura, professore associato presso l’École Nationale Supérieure d’Architecture Paris Val de Seine) ci porta Dal libro alla città, con la consapevolezza che “in un periodo in cui le amministrazioni devono confrontarsi con sempre minori risorse per le attività culturali … una crisi che non mette solamente in discussione la sostenibilità finanziaria dei grandi edifici, a vantaggio sempre più spesso di luoghi che si sostituiscono in maniera tendenziosa allo spazio pubblico”, e che “sottolinea una instabilità socio-politica della città contemporanea caratterizzata da una progressiva perdita degli spazi pubblici che qui definiremo “spontanei”.

Altra consapevolezza deve essere quella per la “concorrenza sempre più forte di luoghi “virtuali” legati ai dispositivi mobili connessi che creano un vero e proprio “spazio dei flussi” da cui dipendiamo sempre più”.

Presupposti da cui deriva che “il destino della biblioteca pubblica si allontana da quello del libro … l’evoluzione della biblioteca pubblica non è dovuta solamente a quella dei supporti della lettura, paradossalmente più marginale, ma soprattutto all’evoluzione del ruolo dell’edificio in quanto spazio pubblico urbano e al modo in cui vi s’iscrivono i nuovi rapporti tra i cittadini e l’informazione”.

Le biblioteche come nicchie artificiali

Possibilità e indizi percettivi sulla locomozione in un ambiente artificiale: il caso delle biblioteche è il titolo dell’interessante analisi di Carmelo Calì (i cui ambiti di ricerca riguardano la filosofia e la scienza della percezione). Alcuni importanti spunti di riflessione: “Le biblioteche sono diventate sempre più un luogo di “connessione e non di raccolta”.

La biblioteca si sta “trasformando da edificio … il cui valore simbolico e culturale è fornito dalla risorsa di conoscenza conservata … a luogo che consente agli utenti di mantenere anche relazioni mente-mondo e mondo-mente come relazioni reciproche”.

Gli affordance (termine inglese che contiene il senso complessivo delle “possibilità”) “non sono né soggettivi, nel senso che non sono qualità o valori che dipendono da soggetti, né oggettivi, nel senso che non possono prescindere dal riferimento ai soggetti”.

Infine “Le biblioteche possono essere considerate nicchie artificiali”.

La biblioteca futura

Chiude il volume, a “due millenni” dal primo saggio di Rita Marchese, l’attenzione a La biblioteca futura tra informazione e comunicazione di Michele Sbacchi (professore associato di Progettazione Architettonica, autore di monografie tra cui Progettare biblioteche nel mondo di Google).

E’ assodato che ormai “L’accesso all’informazione … non è più un fatto isolabile ma esso avviene in fusione con lo sviluppo straripante della comunicazione. I dati … non appena acquisiti vengono condivisi in una pluralità di modi.”

Ma perché il binomio “dati informativi e comunicazione” è così strutturante per il modo di usare e intendere le biblioteche? “La risposta … sta nella giusta comprensione della complessità dell’atto della lettura, una complessità spesso sottovalutata o addirittura avversata da un certo tipo di concezione della biblioteca. Gunnar Asplund, progettista della ben nota biblioteca nazionale di Stoccolma, così scriveva: «Le biblioteche sono il luogo di incontro tra le persone e i libri. Lo schema distributivo della pianta deve rendere agevole per le persone raggiungere i libri e per i libri raggiungere le persone. Colui che organizza questo incontro è il bibliotecario.

Quindi i tre elementi principali di una biblioteca sono: i libri, il pubblico e i bibliotecari».

Tutti gli scritti concorrono, quasi incastrandosi quali pezzi di un puzzle altrimenti incompleto, a definire, come bene fa il titolo, “Lo spazio dei libri”. Dove il verbo “definire”, per noi, è anch’esso un infinito puzzle.

Giuseppe Scuderi

Condividi su: